Nel 1848 a Cambridge vennero stipulate le prime regole del calcio. Sono sicuro che mi avrebbero cacciato, se nel frattempo non avessi fatto comodo alla squadra di hockey su ghiaccio. Quella qualifica, “maratoneta”, se l’è guadagnata sul campo, grazie ad amici come Gianluca Pagazzi e Massimo Passeri, che l’hanno scortato lungo le strade di un sogno, fatto prima di 21 e poi di 42 chilometri, a Pordenone e a Treviso. Vestivo di lana anche d’estate, pensavo che così imbottito almeno non mi sarei fatto male. Come fa da quando è al Milan in quanto a gol e classifiche dei cannonieri, anche fuori dal campo il suo sguardo è sempre rivolto al futuro. Il giocatore che ha segnato più reti con la maglia della squadra isolana è Riva con 164 gol (156 in Serie A, 8 in B) dal 1963 al 1976. Seguono l’honduregno David Suazo con 94 centri (44 in A, 50 in B) e Piras con 87 reti (31 in A, 56 in B). Altre fonti, meno accreditate, riportano 24 reti in 37 presenze. Pronto per una squadra vera. La prima vera grande occasione fu un disastro.

Dal momento che non stai lavando la maglia, puliscila, non è necessario aggiungere detersivo prima di metterla in lavatrice. Con la retrocessione in terza serie del 1985, il club iniziò un lungo periodo di militanza nelle categorie inferiori, destinato a protrarsi per 25 anni: trascorse infatti 10 stagioni in Serie C2 (con una parentesi nel Campionato Nazionale Dilettanti 1993-1994 con vittoria del campionato e della Coppa Italia), per poi riaccedere alla serie C1 nel giro di quattro anni, grazie al lavoro del direttore generale Stefano Capozucca, chiamato a Varese dall’allora co-proprietario del club Claudio Milanese, coadiuvato dal presidente Paolo Binda e da altri soci minori. Non erano i disagi, non le rovine, forse nemmeno la minaccia della morte dal cielo; bensí il segreto finalmente afferrato che potevano esistere dolci colline, una città sfumata di nebbie, un indomani compiaciuto, e in tutti gli istanti accadere a due passi le cose bestiali di cui si bisbigliava. Ed ero felice di aver rifiutato l’onoreficenza massima della città di Budapest, dissi che non volevo far parte di un elenco in cui ci fosse anche il nome di Stalin. Da inizio marzo, cioè da due mesi a questa parte, la città ha deciso di esternare queste mie stesse sensazioni, evidentemente condivise da milioni di altri tifosi partenopei, vestendosi a festa e dando il via a quella che ha presto assunto i connotati di una meravigliosa festa mobile, liquida, espansa, capace di protrarsi nel corso delle settimane accompagnando le vittorie della squadra e rendendo più superabili persino i piccoli passi falsi (la sfortunatissima doppia sfida di Champions League col Milan, per esempio).

Di invariato c’è solo il numero di partecipanti, 12 (di cui 10 in rappresentanza del Sud America e due invitati, esattamente come accaduto nelle ultime edizioni). Non c’è figlio di contadini che sua madre non lavori, – dicevo. Kristen ha sfiorato l’ammissione alle Olimpiadi di Atlanta 1996 come atleta della nazionale Usa, e c’è chi sostiene che la rinuncia al Giochi sia stata soprattutto una sua scelta. Chi va di mezzo siamo noi. Qualche settimana dopo, veniamo a sapere che tutti i tedeschi erano stati colpiti da un morbo di tipo itterico. Dopo il Mondiale, ogni settimana passava una macchina nera sotto casa mia, mi prelevavano e mi portavano sempre nello stesso stanzone per rispondere alle stesse domande. «Vendeva le banane sotto casa di Weah, Ibou Ba, Ibou Ba! Sotto l’abito blu porta una semplice maglia blu: e lo strano è che non pare nemmeno vestito, tanto la maglia e la stoffa si adattano al ritmo arioso de’ suoi movimenti.

24 ottobre in quel Milan-Barcellona dell’andata vinto invece dai rossoneri proprio grazie alla deviazione vincente di Sheva. Kristen e Jordan se li è proprio meritati. Adesso Kristen sta bene. Ho conservato una sola maglia, gialla, quella usata a Londra quando mi chiamarono per l’amichevole Inghilterra-Resto del mondo. Per prevenirle ha confessato in conferenza stampa, mettendo fine alla privacy del matrimonio più strano, perché nel mondo del calcio di solito non ci si sposa così. Due delle più grandi squadre nazionali della storia del calcio, l’Ungheria degli anni ’50 e l’Olanda degli anni ’70, non hanno vinto niente di importante, battute in finale da squadre più deboli, e per una volta almeno anche in modo molto strano, come vien fuori anche in questo pezzo, quando si parla della Germania campione del 1954 e di quello strano “morbo di tipo itterico” che colpì tutta la squadra dopo la finale di Berna. Il ministero dell’Interno sapeva tutto già dagli anni Ottanta, i la pratica con i documenti d’archivio era arrivata in mano a János Kádár.

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